I marchi Fiat dal 1899 al 2000, gli anni della Fiat Italiana |
Alcuni giorni fa sul mensile automobilistico Auto è comparso un articolo che illustra il famoso nonché attesissimo piano industriale del Gruppo Fiat per i prossimi anni. Un piano che Sergio Marchionne aveva a lungo promesso non solo agli investitori del Lingotto ma anche al Governo Italiano e, più in generale, al Paese. Un piano che offre molti spunti di riflessione, due su tutti. Quest’azienda potrà davvero diventare competitiva in Europa e nel mondo? Ancora, quest’azienda che è stata italiana quando aveva bisogno di fondi pubblici per la cassa integrazione e privata quando vi erano utili da distribuire, continuerà a dare lavoro alla nazione?
Il Gruppo Fiat è senza dubbio uno dei più importanti gruppi industriali italiani e contribuisce in maniera significativa alla formazione del PIL nazionale. Negli ultimi anni della gestione Marchionne sono stati raggiunti risultati positivi in termini di fatturato. Tuttavia vi sono molti punti oscuri nella politica manageriale di “Mr. Pullover Blu”. Il rapporto con gli operai metalmeccanici e con la Fiom è complesso. L’operazione finanziaria di acquisizione della Chrysler avrebbe sicuramente potuto portare grossi vantaggi al Gruppo. Tuttavia il maggior risultato arrivato ad oggi è uno spostamento della produzione oltreoceano. Circa il 53% degli operai è ora americano, contro il 31 % di italiani. Le attesissime innovazioni che si pensava potessero derivare da questa partnership sono poi entrate nella mente di Sergio Marchionne come un “appiccico il marchio Fiat sulle Chrysler secolari e le vendo in Europa, così rilancio in un sol colpo tutto il Gruppo Fiat”. Così è nata Lancia Thema, che ha venduto circa il 10% di ciò che in realtà ci si aspettava per il 2012, così è nata Lancia Voyager, così è nato il Fiat Freemont.
Ecco, di fronte alla lungimiranza di queste operazioni commerciali, è difficile interpretare le parole del manager italiano da 326.000 euro a settimana che nel febbraio 2012 ha incassato da Fiat uno stock azionario del valore di 50 milioni di euro. È difficile comprendere se Fiat sarà davvero in grado di competere una volta per tutte con la Germania automobilistica sui segmenti di lusso. La Lancia Thema, nata per concorrere con le ammiraglie di Audi, BMW e Mercedes ma con tanta plastica, soluzioni tecniche che risalgono alla fine degli anni ’90 e un satellitare che si incanta e comincia a recitare frasi senza senso durante la navigazione, è stato chiaramente un flop.
Marchionne parla ora del marchio Alfa Romeo come il simbolo del rilancio del Gruppo attraverso la nascita nei prossimi anni di una berlina e di una famigliare (Alfa Giulia) che metteranno paura alle tedesche, ed in particolare affronteranno a viso aperto Audi A6, BMW Serie 5 e Mercedes Classe E. Sull’onda dell’esperienza ci dovrebbe scappare un sorrisino di fronte a tali affermazioni. Oggi però più che di proclami vi è un grande bisogno di certezze, ed in modo particolare è necessario che queste vengano dalle industrie guida del Paese. Ha bisogno di certezze il Governo presente e il Governo futuro che si insedierà tra pochi mesi, poiché le scelte di politica economica dipendono anche dall’attività industriale. Allo stesso modo hanno bisogno di certezze gli operai, i tanti operai che faticano ad arrivare a fine mese e vivono con il timore che l’azienda possa chiudere da un giorno all’altro gli stabilimenti e spostare la produzione, come già in ampia parte accaduto, negli Stati Uniti. Rischiando così di diventare, qualora già non lo fosse, più che la Fiat la Faad.
Edoardo